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Rappresentazione artistica delle condizioni primordiali sulla Terra, che l'esperimento di Miller-Urey tentava di ricreare. Credit: CSIC.

Alcuni degli ingredienti di base per la vita sono ben noti: uno spruzzo d’acqua, metano, ammoniaca, idrogeno e una scintilla. Ma serve anche una manciata di minerali, secondo un nuovo studio1 di ricercatori italiani e spagnoli che hanno ricreato un esperimento del 1952, prestando attenzione a un dettaglio trascurato per tutti questi anni: il flacone di vetro in cui è stato eseguito.

"Nella scienza non bisogna dare nulla per scontato", dice Raffaele Saladino, professore dell'Università della Tuscia e presidente della Società Italiana di Astrobiologia. "Nessuno avrebbe immaginato che un apparato testato centinaia di volte potesse dirci qualcosa di nuovo". Nel 1952, all'Università di Chicago, Stanley Miller e Harold Urey simularono l'ambiente terrestre di 4,6 miliardi di anni fa per studiare l'abiogenesi, la sintesi naturale di molecole organiche come gli aminoacidi e le basi azotate (i mattoni delle proteine e del DNA/RNA rispettivamente). In un flacone sigillato, ricrearono l'atmosfera primordiale insieme all'acqua, mentre una scintilla simulava un fulmine. Al termine dell’esperimento, trovarono diversi amminoacidi, il che dimostrava che i precursori della vita avrebbero potuto emergere in un simile brodo prebiotico. "In alcuni esperimenti Miller notò anche la presenza di silice [il componente principale del vetro e di alcune rocce]", spiega Saladino, "ma non vi prestò molta attenzione". E nessun altro ne ha indagato il ruolo fino ad ora.

In lavori precedenti, il team di Saladino aveva scoperto che la silice e i suoi minerali, in una soluzione simile a quella di Miller, potrebbero facilitare il processo. Così hanno deciso di testare l'idea che, nell'esperimento originale, questi composti fossero stati diluiti dal materiale del flacone, a causa della causticità della miscela. Hanno quindi ripetuto l'esperimento usando tre contenitori fatti di materiali con diversi pH: vetro borosilicato o Pyrex (lo stesso materiale usato da Miller), Teflon, che è un materiale inerte, e Teflon con alcune parti di borosilicato in soluzione. I risultati hanno confermato che la materia organica faceva la sua comparsa in ogni contenitore, indipendentemente dal pH, ma il contenitore di Teflon conteneva il minor numero di composti, seguito da quello con pezzi di vetro. L'abbondanza di molecole organiche nel contenitore di Pyrex - 56 tipi diversi, compresi aminoacidi e basi azoatate – è stata notevole, e alcune molecole apparivano solo nel vetro borosilicato, rivelando l'importanza dei minerali come ingredienti nascosti per i precursori della vita. "Questo ha senso, se vogliamo simulare uno scenario realistico", spiega Saladino, "perché avremmo l'atmosfera, l'acqua, i fulmini, ma quello che ci mancava era la roccia contenente l'acqua".

Un rinnovato interesse per l'abiogenesi potrebbe aiutare la ricerca della vita su altri pianeti. "La complessità di una molecola non garantisce che sia stata prodotta da processi biologici", osserva Saladino. "Se noi siamo stati in grado di creare una tale ricchezza molecolare con un singolo esperimento, allora trovare molecole come la glicina o la fosfina su altri pianeti non implicherebbe necessariamente che siano state sintetizzate da un organismo vivente". Studi futuri testeranno quali molecole possono emergere in un ambiente come quello di Miller-Urey utilizzando diversi minerali e atmosfere aliene. Poi, quando cercheremo la vita su diversi pianeti, sapremo meglio quali molecole aspettarci e, soprattutto, quali sarebbero veramente inattese.